Voleva realizzare un sogno, licenziato!

Voleva realizzare un sogno, licenziato!

 Odissea psicologica di un artista nell'ombra dei giganti

Molte persone hanno discusso riguardo a questo guardiano del museo che ha violato le regole, ma pochi hanno approfondito la sua vita, le sue creazioni o le ragioni profonde dietro il suo gesto. E’ forse stato un atto di protesta contro il monopolio nella selezione delle opere esposte (che non si applica necessariamente al caso specifico), spesso decisa da pochi individui privilegiati anziché dal pubblico o, ancora meglio, da esperti con competenze oltre a quelle strettamente museali

Tecartisti.com – Monaco. Nel cuore pulsante della Pinakothek der Moderne di Monaco, un teatro di dramma silenzioso si è consumato, protagonista un dipendente che, nelle sue vene, sentiva scorrere l’impeto artistico al pari dei grandi maestri come Picasso e Dalí.
Questa storia non è solo un episodio di cronaca, ma l’epopea emotiva e psicologica di un individuo che, in un atto di sfida audace, ha cercato di colmare il divario tra il suo anonimato e la notorietà eterna.

Il Fuoco Creativo nel Cuore dell’Ordinario

Il dipendente, un uomo di 51 anni, viveva ogni giorno tra le opere di alcuni dei più grandi artisti che il mondo abbia mai conosciuto. Immerso in questo santuario dell’arte, si confrontava costantemente con la grandezza, ma anche con la propria invisibilità nel panorama artistico dominante.
La sua decisione di apporre un’opera propria sulle pareti del museo non nasceva da un mero desiderio di riconoscimento, ma da una profonda convinzione della sua stessa validità artistica, una sfida lanciata contro le convenzioni che relegano al silenzio le voci non ancora ascoltate.

Battaglia interiore tra dubbio e autostima?

Questo dipendente-artista si trovava in una costante battaglia interiore, oscillando tra il dubbio di sé e una forte autostima.
Non si sentiva inferiore ai colossi dell’arte esposti attorno a lui; piuttosto, vedeva nella loro grandezza un riflesso del suo potenziale inespresso.
Questo non era solo un desiderio di notorietà: era una ricerca di validazione, un bisogno viscerale di dimostrare che la sua voce, la sua arte, meritava di essere vista e riconosciuta su un palcoscenico degno del suo talento.

Il momento della rivelazione e le conseguenze forse troppo severe

Ecco che, clandestinamente, ha appeso la sua opera in una parete del museo. Ed era posta proprio a fianco di quella dei grandi della storia dell’arte, Per l’artista, occupato come custode, è stato un momento di rivelazione.
La sua gioia, il suo tronfio orgoglio e il suo momento di valorizzazione del suo non noto talento.
Il tutto per un breve istante, le sue creazioni hanno condiviso lo spazio con quelle dei maestri, infrangendo le barriere tra l’ufficialmente santificato e l’autenticamente appassionato.
Tuttavia, la realtà del contesto museale, con le sue rigide norme e aspettative, ha rapidamente ripristinato lo status quo: rimozione dell’opera che ha portato al licenziamento e al divieto di ingresso dell’autore in cerca di gloria: un prezzo caro e  amaro per un gesto di audace espressione personale.

Che triste, prima la cronaca poi l’arte

E’ imbarazzante osservare come la notizia sia stata pedissequamente ripetuta globalmente dai media internazionali, italiani inclusi.
Tutti hanno parlato di questo custode che ha infranto le regole del museo, ma nessuno ha offerto dettagli sulla sua vita, le sue opere o le motivazioni profonde dietro il suo gesto di protesta (?) contro il monopolio nella scelta delle opere esposte, spesso decisa da una ristretta cerchia di eletti e non dal pubblico.
In Italia la stampa progressista difende e dibatte sul nobile gesto di rivolta culturale degli imbrattatori di opere d’arte ma in questo caso…la stampa opta per la ‘velina’ tedesca?

Nella foto di copertina proponiamo l’esilarante immagine del film johnny english.
Mr Bean, nel suo film, così aveva rimediato al danneggiamento di una grande opera d’arte

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