Da Vinci restituisce le critiche al mittente!
Ettore Politi e le interviste da sogno
A colloquio con un'icona della genialità. Caro maestro Leonardo, il suo talento si espande in ambiti così diversi, dall'arte alla scienza, dall'ingegneria all'anatomia, che ci lascia tutti affascinati e interrogati
TECARTISTI.COM – MILANO. Non so dove fossimo, in quale tempo e perché, ma improvvisamente mi sono ritrovato con in mano il block notes della Fabriano, compagno di lavoro per decenni. Ero in piedi davanti a lui, Leonardo da Vinci.
Il maestro era seduto su una rigida sedia di legno, dotata di solidi braccioli e, all’apparenza, comoda.
Il suo atteggiamento, sereno e deciso, era quello di un uomo sapiente e desideroso di dire e ascoltare.
Non ne sono rimasto sorpreso, ma contento di poterlo incontrare.
Era evidente che, in quella situazione, simile a un’altra del passato che non ricordo nello specifico ma che so di aver vissuto, dovevo semplicemente intervistarlo. L’ho fatto!
Caro maestro Leonardo Da Vinci, il suo talento si espande in ambiti così diversi, dall’arte alla scienza, dall’ingegneria all’anatomia, che ci lascia tutti affascinati e interrogati.
In tanti si chiedono cosa l’abbia ispirata a ideare non solo macchine volanti e congegni bellici avanzati, ma anche opere d’arte immortali come La Gioconda e L‘ultima Cena
“Ah, caro giovanotto, come potrebbe un’anima curiosa come la mia limitarsi ai confini del conosciuto? Sin da giovane, quando passeggiavo sulle rive dell’Arno e osservavo il volo degli uccelli, ho sentito il desiderio di comprenderne il segreto.
Non erano solo sogni: vivevo in un’epoca di grandi scoperte e tensioni politiche.
Le mie macchine per il volo e i dispositivi bellici rispondono alle esigenze del mio tempo, segnato dalla costante lotta tra le città-stato italiane.
Firenze, Milano, Venezia: tutte erano in cerca di superiorità tecnologica.
Ho offerto a Ludovico il Moro le mie invenzioni, con la speranza che il genio potesse prevalere sulla barbarie della guerra.
Le mie macchine non sono irrealizzabili, ma visioni di un futuro in cui l’uomo dominerà i confini del possibile”.
Parlando, invece, delle sue opere artistiche, come risponde a chi vi accusa di aver compromesso la durabilità della sua arte?
L’Ultima Cena, ad esempio.
Questo capolavoro, purtroppo, ha sofferto notevolmente a causa dei materiali e delle tecniche sperimentali che ha scelto
“Ah, questi critici da salotto che si permettono di giudicare il mio operato!
Io, che mi sono sempre considerato un artista-scienziato, ho voluto sperimentare anche con la pittura, osando dove altri avrebbero avuto timore.
L’Ultima Cena era destinata a decorare il refettorio di Santa Maria delle Grazie, e non poteva essere un semplice affresco tradizionale.
Ho voluto testare una tecnica nuova, usando tempera e olio su intonaco secco, in un periodo in cui la sperimentazione era all’ordine del giorno, come con le scoperte di Gutenberg e la stampa.
Certo, la tecnica potrebbe non aver retto nel tempo, come speravo, ma la sua innovazione rimane indiscussa.
È una sfida ai limiti stessi della pittura, come una scoperta scientifica che non sempre dà risultati immediati, ma che segna una svolta.
Leonardo, comprendiamo e apprezziamo il suo incessante desiderio di innovare e sperimentare.
Tuttavia, non crede che uno dei compiti fondamentali di un artista sia garantire che le proprie opere possano sopravvivere al passare dei secoli?
Non ritiene che la loro durabilità sia cruciale affinché le generazioni future possano ammirarle e trarne ispirazione?
“ La posterità! Come mi diverte questo concetto.
In fondo, vivo in un tempo in cui Roma e le sue meraviglie sono crollate sotto il peso dei secoli.
Il Pantheon ancora si erge, ma quanti sanno veramente chi ne ha concepito la perfezione?
La mia arte, le mie invenzioni, sono figlie di questo presente, e ciò che verrà dopo sarà solo un riflesso della mia epoca.
Non è il compito dell’artista garantirne la sopravvivenza, ma il compito degli uomini del futuro preservarne il messaggio.
Il sorriso della Gioconda non è forse più immortale dell’opera stessa?
È l’essenza, non il materiale, a trascendere”.
Maestro, sebbene gli apprezzamenti nei suoi confronti facciano arrossire le critiche, alcuni la accusano di essere stato dispersivo, di non essersi concentrato su di una singola disciplina e di aver forse “disperso energie” nell’esplorazione di campi troppo diversi.
Come rispondere a chi sostiene che questa sua sete di conoscenza in tutte le direzioni abbia potuto diluire il suo genio?
“Dispersivo, dicono?
Ah, come sono ciechi! Vivo in un’epoca in cui il sapere è in piena fioritura, grazie alla riscoperta dei classici greci e latini.
I testi di Aristotele, Vitruvio, Euclide e Plinio ci spingono a esplorare il mondo in ogni sua forma. Come potrei limitarmi a una sola disciplina? Non vedete che ogni invenzione meccanica, ogni analisi anatomica, ogni studio sui vortici d’acqua, ogni schizzo delle montagne appenniniche o della Valle dell’Arno sono parte di un unico grande disegno?
Persino nelle mie pitture, come nella Gioconda o nella Vergine delle Rocce, la scienza e l’arte si fondono in armonia.
Non si tratta di dispersione, ma di una visione unificata, come il volo degli uccelli che tanto ho studiato: molte ali battono, ma il volo è uno solo”.
Leonardo grazie per averci dedicato, sia pure in sogno, dei chiarimenti a tutti noi necessari.
Le sue parole risuonano come un inno all’ingegno e alla creatività senza limiti.
“Ricordate: l’unico limite è quello che ponete alla vostra mente.
Io, Leonardo, non ho mai conosciuto confini.
E se vi resta ancora qualche dubbio, pensate alla natura: essa non si stanca mai di creare, e io, nel mio piccolo, ho solo cercato di seguirne l’esempio.”.